Lutto dopo il parto

I sogni alcune volte si realizzano ed io li avevo realizzati.

Avevo incontrato la donna dei miei sogni, colei che aveva dato vita a tutte le mie aspirazioni e soddisfatto ogni mio desiderio.

Eravamo una coppia perfetta sotto ogni punto di vista.

Il nostro amore così intenso e completo aveva dato il suo frutto e c’eravamo dedicati con passione a portare a compimento la gestazione di quel figlio tanto desiderato.

Facevamo belle passeggiate e piacevoli soggiorni nei momenti che il mio lavoro lasciava liberi.

Lei, la mia dolce compagna, passava il tempo tra il suo lavoro in negozio e la cura non solo mia ma di tutta la famigliola che andava lentamente crescendo.

Nell’estate della gestazione andammo in vacanza sulle dolomiti del Brenta e fu la vacanza più bella della nostra gioventù.

Le belle passeggiate nei boschi e la permanenza sui prati avevano tonificato il nostro corpo e rinfrancato il nostro spirito, il bimbo cresceva a vista d’occhio.

Il mio amore stava diventando un palloncino.

Tutti i giorni facevamo progetti sul nostro futuro e quel bimbo, che doveva nascere per i primi di novembre, rappresentava la gioia dei nostri cuori e illuminava le nostre giornate.

Il passatempo preferito della mia compagna era di realizzare completi color giallo, la nascita era ancora una sorpresa, ancora non esisteva l’ecografia che sarebbe entrata in attività qualche tempo dopo, e ci divertivamo a immaginare cosa sarebbe nato: maschio o femmina e facevamo progetti su quale nome assegnare secondo il caso.

Ricordo le infinite prove fonetiche su questo o quel nome abbinato al cognome e le discussioni affettuose sulla scelta da fare.

La mia bella donna andava modificandosi in preparazione al dolce evento, era il primo figlio in arrivo e si portava dietro anche le preoccupazioni dell’imminente parto.

Ricordo che la sera mi faceva sentire i calcetti che dava e i movimenti che faceva all’interno della sua custodia ben protetta.

Il nervosismo della mamma andava crescendo via via che il giorno si avvicinava.

La paura dell’ignoto, la paura dell’inconsapevole stavano prendendosi un’amara rivincita.

Mi parlava dei suoi timori e delle sue paure, della difficoltà per conservare il controllo di ogni situazione in quelle condizioni.

Impacciata, si aggirava per la casa avendo cura di non scontrare contro i mobili che avevano un’altezza pericolosa, con gli spigoli a giusta altezza, e con difficoltà andava al bagno compiendo evoluzioni acrobatiche.

Cercavo di rasserenare i suoi giorni con dolci parole d’amore che spesso facevano breccia nel suo cuore, ma non sempre erano sufficienti a fermare le lacrime di paura che asciugavo con dolcezza sulle sue paffutelle guance.

Molte di quelle volte mi chiedeva con una punta di angoscia “Sono diventata brutta, vero?”

E la rassicuravo sentendo dentro di me che non era stata mai tanto bella ai miei occhi.

Il presentimento di un avvenimento negativo metteva in lei un’angoscia indescrivibile e il solo pensiero che poteva andata male le incuteva un’apprensione incontenibile.

Le vie del Signore sono infinite, ma forse ogni tanto si distrae, e permette che succedano fatti non desiderati, questa era la vera paura che si stava impossessando di lei.

La valigetta era pronta da diversi giorni e stava lì immota e insensibile alle nostre paure e illusioni.

Infine il giorno del parto tanto atteso giunse all’improvviso e iniziò con i soliti dolori di preavviso, quando giunsero a ritmo regolare con ansiosa calma, ci avviammo per la strada sino all’automobile, parcheggiata poco lontano.

Ricordo che lei si reggeva la pancia con un abbraccio, come se avesse paura di perdere il prezioso fagotto.

Corsa in ospedale con la valigetta appresso e un batticuore che ti chiude la gola.

Era giorno di scuola, non mi decidevo a lasciare la mia donna sola in mezzo a tanti visi sconosciuti, anche se amichevoli.

La sala travaglio era stata predisposta con precisione e cura dal personale, il dottore mi avverte che ci sarebbe voluto un poco di tempo e di andare a scuola tranquillo, avrebbero pensato loro a tutto, ci saremmo rivisti nel primo pomeriggio o verso il mezzogiorno, se fosse stato necessario, mi avrebbero telefonato.

Bacio il mio piccolo e grande amore con l’augurio di ritornare a casa in tre, forse nella stessa serata.

Mi avvio verso la scuola con il cuore compresso da mille tensioni, avrei voluto essere presente e di aiuto o conforto in caso di necessità.

Mi era stato negato, ma sapevo che la mia compagna era forte di carattere e temperamento ed era disposta a combattere sino all’ultimo pur di raggiungere il successo.

Qualcosa andò male, si dovette intervenire con il taglio cesareo, il bambino stava soffrendo e bisognava aiutarlo al più presto.

La sala operatoria accolse il mio amore in stato di depressione morale, l’anestesia somministrata non aveva avuto la forza di aiutare la sua forte natura femminile e lei continuava a lottare anche da addormentata, splendida nelle sue grazie femminili.

Il bambino nacque morto.

Sentenza inequivocabile, fatto assurdo e insostenibile per chi lo aveva amato e desiderato sopra ogni cosa, contro ogni convenzione e morale pubblica.

Non vi era stata prova di appello, Dio in quel giorno era scomparso dall’orizzonte del nostro orrore, nulla poteva confortare due cuori innamorati, un maledetto minuto di Sua distrazione ci aveva piombato nel baratro del più immenso dolore.

Avevamo fatto il possibile affinché tutto andasse bene, non immaginando mai che il destino avrebbe messo il dito nelle pieghe della nostra vita, andando a prendersi il frutto più amato.

Lei, immota sul letto, con dei dolori fisici che non erano un nulla in confronto a quelli morali, stava raccolta in silenzio, l’orrore che l’aveva colpita era immenso, indescrivibile, innominabile.

Non vi erano parole giuste per consolare quel dolore che era come fiume in piena che tutto travolge compreso il più caro sentimento o come valanga che si stacca da una montagna e si porta via con sé parte della montagna stessa.

Era svuotata di tutto, essersi liberata del figlio in quelle condizioni corrispondeva ad aver aperto le porte al destino.

I giorni seguenti nella ricerca di ragioni possibili passavamo in rassegna tutto il periodo di gestazione, tra una lacrima e un pianto si rivivevano mesi delle nostra vita, dei nostri sogni infranti.

Non aveva mai avuto problemi e neppure dolori di vario genere, era cresciuta del necessario e il bimbo era vispo e in continuo movimento, ricordo anche che ballava a ritmo quando sentiva della musica trasmessa per radio o alla televisione.

Siamo ritornati a casa in due, non era previsto ma così è stato.

Nei miei pensieri si era affacciata anche un’altra ipotesi, quella di ritornare da solo ed ho rivolto una preghiera al Signora ringraziandolo del dono che mi aveva concesso.

Mai quel nostro appartamentino era stato così vuoto.

Ci ha accolto con il pianto nel cuore, tutto ciò che era stato preparato, diventava estraneo e inutile.

Il nostro letto ci ha accolto nuovamente con calore e con una promessa, la prossima volta tutto finirà felicemente e sarete felici nel prossimo futuro.

E così e stato, due bellissimi bambini in seguito hanno allietato gioiosamente la nostra vita.


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